
L'opera, dipinta in due anni dal 1496 al 1498, costituisce uno dei risultati più prestigiosi e commoventi della maturità di Pinturicchio, reduce in quegli anni, dall'impegnativo lavoro di decorazione degli Appartamenti Borgia in Vaticano. La maestosità dell'impianto architettonico della pala è mitigata dalla luminosità dei volti, dalla dolcezza degli atteggiamenti, dalla preziosità dei costumi.

Il grande polittico ci accoglie con un’epigrafe latina ammonitrice: "Aspice...", "Guarda, o mortale,da quale sangue sei stato redento. Fa' che non sia scorso invano!". Nella cimasa appena sopra, infatti, due angeli piangenti, splendide e commoventi figure, ci mostrano, sorreggendolo, il corpo martoriato di un Gesù già entrato nel sepolcro, con le ferite dei chiodi e della lancia dalle quali esce sangue in abbondanza: l’immagine è drammatica e serena allo stesso tempo perché sottolinea l’obbedienza di Gesù al mistero del Padre.
Interessante notare come questo "Aspice..." con cui inizia l'iscrizione ricalchi lo stesso incipit dell'iscrizione della Fontana Maggiore: "Aspice qui transis jucundum vivere fontes, si bene prospicias mira videre potes" (Vignaroli). Tutto inizia sempre dallo stesso verbo: guardare, è la prima richiesta. Non è "fare"!


Sul pavimento in basso, con reminiscenza fiamminga, Pinturicchio sistema alcuni stupendi simboli: la Bibbia che conserva la storia del rapporto sempre ricreato tra Dio e l’uomo e alcuni frutti; la noce con il mallo, segno delle due nature di Cristo, umana e divina, e simbolo della sua Passione per la parte legnosa che ricorda il legno della Croce. La mela, ricordo del peccato originale, cui Cristo, nuovo Adamo, vuol porre rimedio.
L’obbedienza al disegno misericordioso di Dio sulla storia umana sembra essere quindi il grande tema della pala: l’obbedienza di Cristo al Padre resa possibile dall’obbedienza di Maria con il suo sì all’Annuncio dell’Angel
E’ questo mistero di amore che ha costituito il centro della meditazione e dello studio dei due grandi Santi e Padri della Chiesa che concludono le bande laterali della tavola centrale: S.Agostino e S.Girolamo. Il primo, il Vescovo di Ippona, è tutto concentrato a meditare, appunto, su di una mela simbolo del peccato originale dell’uomo e su tutto ciò che è derivato da essa: l'impossibilità dell'uomo a raggiungere il suo compimento e l'inarrestabile iniziativa di Dio. Un mistero così grande e insondabile che la mente umana ci si perde dentro per quanto è immenso. Nella predella sotto di lui è raffigurato, infatti, l’aneddoto del bambino incontrato da S.Agostino sulla riva del mare mentre stava meditando sul mistero dell’amore di Dio per l’uomo fino al sacrificio sulla Croce. Il bambino, scavata una buca nella sabbia, cercava con un cucchiaio di versarvi dentro tutta l’acqua del mare. E sant’Agostino: “Ma come puoi pensare di racchiudere il mare, che e’ così grande, in una buca che e’ cosi’ piccola?”. Il bambino alzò gli occhi, lo guardò fisso in volto e rispose: “E tu co

Lo scomparto di destra è occupato da S. Girolamo, eremita e Cardinale, traduttore dal greco al latino della Bibbia detta Vulgata.
È rappresentato, infatti, come un porporato con in mano la Bibbia, l'immancabile leone in secondo piano e il probabile modellino della chiesa di S. Maria dei Fossi. Nella predella lo ritroviamo in ginocchio, in preghiera davanti al Crocifisso, quando viveva da eremita nel

A fianco, nei medaglioni, i quattro evangelisti.
Dunque, uno dei gioielli di raffinata pittura cinquecentesca com'era quella di Bernardino di Betto, custodito in quell'immensa miniera di capolavori artistici che è la nostra Galleria Nazionale.
Un'opera monumentale che, come tutte le grandi imprese pittoriche, è capace di dialogare ancor oggi con qualsiasi visitatore coinvolgendolo, se vuole, nel suo messaggio che trasuda di richiami di fede.
Tutte le immagini sono tratte dai siti www.mostrapintoricchio.it e www.civita.it
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