giovedì 30 luglio 2009

Tempo di vacanza


Girando per le vie di Perugia in questi giorni di luglio ogni giorno la si vede più vuota, tanto che diventa più facile muoversi in auto o in motociclo per le sue vie. E' un'esperienza che si ripete ogni anno: è tempo di vacanza o tempo di ferie!

Ma cosa significano questi termini?
Forse scoprendone di più la radice potremo avere qualche indicazione maggiore su come riposarsi visto che, per molti, le vacanze costituiscono uno stress da cui è poi difficile riprendersi.
Vacanza: dal latino vacàre, ovvero "essere vuoto", "essere libero" e "aver tempo di occuparsi di qualcosa"; "periodo di riposo, di sospensione delle abituali attività".

Ferie: "nel calendario liturgico cattolico, ogni giorno della settimana non festivo" contrapposto a "feste, periodo di riposo a cui ha diritto il lavoratore".
C'è una contraddizione, vero?
In realtà, rifacendosi sempre alla liturgia cristiana, essa distingue la Domenica, giorno del Signore, dalle "fériae" (féria seconda, lunedì; tertia, martedì e cose via), cioè i giorni della settimana nei quali si festeggia un Santo: il significato originale di féria rimane, quindi, fésta; così si spiega una antinomia solo apparente tra férie (periodo di vacanza) e ferile (giorno lavorativo).

Riposo: "atto, modo ed effetto del riposare o del riposarsi, cessazione o interruzione di attività e fatica". Dal latino repausare, da pausare "cessare, fermarsi" con "re" rafforzativo. Ristorarsi, rinfrescarsi, interrompendo il lavoro o la fatica per dare sollievo al corpo o alla mente.

Il riposo, la vacanza sono quindi un'arte da coltivare.

La vacanza è un essere vuoto, un essere libero per poter dedicarsi alla passione per sé.
E' un tempo per rinfrescarsi, ristorarsi... per dare sollievo al corpo e alla mente.
E', quindi, un lavoro, ma un lavoro che ricrea!

Crediamo che tutto ciò contesti radicalmente la normale concezione di vacanza vista più come ricerca di trasgressione, di emozioni estreme che portano a nuove sensazioni, ma non certo al riposo. Tutto ciò è giusto e legittimo, ma non è possibile accontentarsi di un riposo così incerto, fragile ed effimero, tanto da essere facilmente compromesso da qualsivoglia imprevisto e contrarietà, o comunque da limitarsi al breve periodo delle ferie estive!
Ciò rischia di trasformare il riposo in una sorta di continua competizione, per difenderlo dall’interferenza di qualsiasi genere di stress.

E se pure si riesce nell’impresa di un tale faticoso riposo, non si torna a casa realmente e durevolmente ristorati, poiché le energie della persona non hanno la loro fonte più importante nella struttura biologica del corpo, ma nella sua struttura spirituale, in quelle radici dell’essere dove dimora Dio, con la sua gioia e la sua pace, preziosissime ed insostituibili risorse del vivere quotidiano.

Il vero riposo della persona, di ogni persona, è e deve essere qualcosa di permanente, stabile come uno scoglio contro le onde, un riposo che non consiste necessariamente nella mancanza di attività, ma nella pienezza della vita, cioè nel possesso di quell’abbondanza di gioia la cui sorgente inesauribile sta dentro di noi.