venerdì 27 marzo 2009

Tubi indecenti!


Una bella novità a Palazzo Gallenga!
L'ammasso di tubi arrugginiti e di tavole, ricettacolo di rifiuti vari, va in pensione dopo 38 anni di onorato servizio! Tra poche settimane una mensola protettiva pensile prenderà il posto dei vecchi ponteggi liberando le strade adiacenti all'edificio e rendendo più chiara la lettura dei paramenti esterni del palazzo.
Ce ne rallegriamo! Sarà certamente una veste più dignitosa per una delle istituzioni più nobili e prestigiose della nostra città e per uno dei palazzi settecenteschi più splendidi che abbiamo.
Certo, ci sarebbe risultato più gradito un intervento di restauro complessivo e definitivo, ma anche questa soluzione è da considerarsi un passo avanti.
Come si sa la parte bisognosa di restauri dell'immobile non è quella più antica che risale alla costruzione dell'edificio nel 1758 da parte di Francesco Bianchi, ma l'ampliamento successivo realizzato nel 1936 con materiale più economico che voleva imitare la decorazione in cotto della facciata rococò. Le infiltrazioni d'acqua nel rivestimento e le escursioni termiche con il tempo hanno rovinato molti dei conci decorativi rendendo pericoloso il passaggio dei pedoni nelle vie sottostanti e da qui l'intervento protettivo.

Allo stesso modo aspettiamo il riconquistato restyling dello stabile che porta il nome dello stesso architetto, Palazzo Bianchi al centro storico, proprio di fronte al Teatro Morlacchi. Anche per questo edificio, caratterizzato da una decorazione in cotto e acquistato da un privato circa due anni fa, il bavero protettivo di tubi e tavole ha le settimane contate in quanto, una volta che gli Uffici Comunali saranno trasferiti nel vicino complesso della ex-scuola Pascoli in via di ristrutturazione, partirà il cantiere di restauro lasciando in prima linea sul fronte "ponteggi protettivi" solo l'ultimo arrivato di Porta Eburnea.
Da qualche anno, infatti, il Comune ha sistemato alcune incastellature ormai ferruginose presso la sede dell'assessorato di Porta Eburnea.
Non sappiamo questa volta cosa sia in pericolo di cadere, ma auspichiamo che a breve termine il problema venga affrontato e risolto.
Proprio perché stimiamo la nostra città e sappiamo quanta ricchezza umana, culturale e sociale conservi ci pare che ogni cedimento al degrado sia offensivo per la sua identità.
Il Centro storico di una città deve essere come il suo fiore all'occhiello e crediamo sia deleterio soprattutto per una città come la nostra, risolvere certi problemi non risolvendoli.

Recentemente ci è passato sotto gli occhi l'esempio di Parma e come il suo Comune si stia organizzando per rispondere al problema della valorizzazione del suo meraviglioso centro storico: "Quanto il centro storico rappresenti una priorità per Parma, lo dimostra anche la creazione di una nuova figura professionale “ad hoc” (il “town center manager”) della quale l’Amministrazione si è fatta carico per cercare di sintetizzare le esigenze di tutti gli attori in gioco. «Perché andare sul posto, nelle botteghe, a sentire i problemi della gente, è diverso dal riceverle nelle stanze dei palazzi [...] Perché i centri storici devono vincere la sfida nella competizione con gli out-let e i centri commerciali». E la risposta, Parma, l’ha trovata nel “centro commerciale naturale” e, soprattutto, nella creazione di un «contenitore che riesca convogliare tutti gli sforzi, pubblici e privati, che lavorano allo stesso obiettivo». Si chiama “Gec”, sta per “gestione centro città” ed è una struttura organizzativa sperimentale che mette intorno allo stesso tavolo «il consorzio unico delle associazioni di categoria, l’Amministrazione, i gestori dei parcheggi, l’Università, le fondazioni, tutte le istituzioni». Anche qui le difficoltà non mancano. «Soprattutto con i proprietari di immobili, che chiedono affitti spropositati, col risultato di avere locali sfitti e di lasciare spazio a negozi cinesi o poco tradizionali». «Serve quindi una diversa politica urbanistica, che incentivi ad esempio l’insediamento di grandi catene distributive che proprio nei centri stanno cercando spazi». Un’azione alla quale si unisce «il censimento di tutti gli spazi pubblici poco utilizzati, per promuovere iniziative catalizzanti». E le recenti esperienze dei “temporary shop” non sono che un esempio. A questo si aggiunge anche la soluzione che Parma ha trovato per tamponare il degrado di alcune zone «in balìa di kebab e call center». «Abbiamo aperto uno spazio comunale, una biblioteca multimediale aperta tutto il giorno che la sera diventa “caffé letterario”: questo è il nostro presidio della zona». Il tutto studiando iniziative ad hoc nelle singole zone «più sensibili» e studiando una riqualificazione urbana strutturale e pianificata».
di Susanna Pasquali tratto dal sito: http://www.filibertoputzu.it/centro_storico__identità_di_una_comunità_sc_6760.htm

martedì 24 marzo 2009

C'era una volta un quartiere di falegnami...


C'era una volta un quartiere di falegnami... e adesso... non c'è più!
Non è una magia di Silvan: è una realtà triste per il nostro centro storico!
Se qualche decina d'anni fa, infatti, passavate per le strade della Cupa vi imbattevate giocoforza ad ogni passo in una bottega di falegname specializzato, intarsiatore, tornitore, ebanista, restauratore che nelle giornate di sole metteva ad asciugare i suoi lavori appena fuori dall'ingresso della bottega.
Un patrimonio d'artigiani del legno che avevano indirettamente donato un volto inconfondibile al rione di Porta S. Susanna e di cui oggi rimane solo qualche bottega, due o tre, che resistono con i denti alla debacle generale.
Al loro posto il nulla! O meglio, al loro posto garage, miniappartamenti per studenti (che fantasia!) ricavati nei fondi che ospitavano seghe a nastro e pialle elettriche.
E così "centro storico" continua sempre di più ad esser sinonimo di "Corso Vannucci, Piazza Matteotti, Via Oberdan ed una parte di via dei Priori"!
Complimenti all'amministrazione perugina!
Complimenti alle organizzazioni di categoria!
Complimenti alla miopia generale!
Forse servirebbero un paio d'occhiali nuovi, occhiali che facciano vedere le potenzialità di Perugia, che facciano aprir gli occhi a valorizzare i suoi bei vicoli, le sue caratteristiche piazzette, le sue faticose salite, la sua antica identità.
Occhiali che aprano gli occhi a valorizzare gli artigiani con sovvenzioni e agevolazioni perchè questi antichi mestieri siano consegnati alle future generazioni con politiche simili a quelle che avvengono in tante regioni della Francia! Invece qui si pensa solo a tassare il piccolo artigiano, a spremerlo come un limone, per favorire l'insediamento in periferia di grandi centri commerciali che al loro interno possiedono bricopoint in grado, secondo la logica del grande interesse, di soppiantare la tradizione artigianale.
E' curioso che nella regione che viene stimata per la possibilità di riscoprire antiche tradizioni, anche culinarie, ed antichi mestieri ci si dimentichi di questa preziosa realtà.
Ci direte: "Ma come si fa? Tanti artigiani non sono stati cacciati via, ma se ne sono andati spontaneamente!".
E in Francia come stanno facendo?
Se cominciassimo a guardare ai nostri cugini che, tra l'altro, ospitiamo per manifestazioni ormai fisse con le città gemellate?
Certo occorrerebbe aver il gusto per la realtà, per il bene comune e non solo per la bella poltrona dietro ad una scrivania dalla quale ci si alza solo in occasione di eventi che mettono in risalto la propria efficienza politica o amministrativa.

Bevagna, col suo Mercato della Gaite, ha trovato una strada interessante. Non vi pare?

Aldo Rossi - Perugia e Berlino



Il 1982 fu un anno di trasformazioni a Perugia perché sulla scia della grande innovazione delle scale mobili, in funzione già dal 1980 per collegare l'acropoli del centro storico con le zone periferiche, si mise mano alla ridefinizione di un nuovo volto per l'area adiacente alla Stazione di Fontivegge, un'area che aveva a suo tempo ospitato lo stabilimento della Perugina e il deposito degli autobus e filobus che servivano la città e che ora doveva accogliere un nuovo Centro Direzionale contornato da unità residenziali.
Il progetto fu firmato dall'architetto milanese Aldo Rossi, personalità di rilievo internazionale, che già stava lavorando ad alcuni progetti relativi alla città di Berlino.
Le polemiche non mancarono di farsi sentire in toni anche piuttosto accesi e caustici, soprattutto perché per i materiali, lo stile geometrico e asciutto, le forme monumentali e severe non convincevano i perugini; nonostante tutto, i lavori proseguirono abbastanza velocemente per il CentroDirezionale e Commerciale; si arenarono, invece, per la zona residenziale lungo Via Mario Angeloni e tuttora il progetto non è stato portato a termine.

Visitando a Berlino il grande edificio a blocco per residenze e uffici posto nelle immediate vicinanze della Friedrichstrasse, a pochi metri dal Check-point Charlie e l'unità residenziale in Kochstrasse si rimane sbalorditi per la vicinanza delle loro forme con quelle del Direzionale di Perugia.
Elementi in ferro e vetro, finestrature quadrate, colonne d'angolo colossali sono indizi di stretta parentela tra i due progetti e legano a doppio filo i quartieri delle due città.
A Berlino Rossi ha però osato un passo in più inserendo ironicamente nella teoria di prospetti multicolori degli edifici una porzione della facciata di Palazzo Farnese realizzato a Roma nel 1514-1546 da Antonio da Sangallo il Giovane e da Michelangelo.
L'inserzione ha il valore di richiamare una costante delle sue architetture, vale a dire la convivenza di passato e presente, ma costituisce anche una pressante citazione che vuole rendere esplicito il suo motivo ispiratore fondante e cioè l'architettura rinascimentale.

Ora, si sa, Berlino è una città gravemente ferita dalla guerra e in cerca di soluzioni innovative che le restituiscano un volto consono a quello di una grande capitale. In questo enorme laboratorio architettonico a cielo aperto illustri nomi dell'architettura mondiale stanno portando il loro raffinato contributo alla ricostruzione della città.
Perugia non può certo essere paragonata a Berlino sia per le sue dimensioni sia per il fervore ricostruttivo che la capitale della Germania sta vivendo a partire dalla caduta del muro nel 1989. Sta di fatto, però, che in qualche modo, possiamo rintracciarne una parentela proprio per gli interventi di Aldo Rossi.
Potremo non essere d'accordo; potremo continuare ad essere polemici con le scelte del operate dal Comune oramai ventisette anni fa; potremo continuare a provare un forte senso di disagio nell'attraversare Piazza del Bacio.
Di fatto, però, il Centro Direzionale di Fontivegge si può facilmente rintracciare all'interno di ogni buon manuale di architettura e di ogni monografia su Aldo Rossi.
Crediamo che occorra guardare avanti e far buon viso a cattivo gioco se cattivo gioco c'è stato!
In che modo?
Per esempio trovando i mezzi necessari per portare a termine il cantiere lungo via Mario Angeloni in modo da completare il progetto, anche se in parte fu rimaneggiato.
Per esempio trovando la maniera di bonificare l'area residenziale e trasformandola da quell'ambiente malfamato e corrotto dallo spaccio di droga e dal commercio sessuale che è diventato in un insieme abitativo di almeno medio livello. Non crediamo che si debba accettare quasi meccanicamente che un quartiere residenziale solo per il fatto di trovarsi nei pressi della stazione ferroviaria si trasformi specie nelle ore notturne in un luogo pericoloso e poco raccomandabile!
Per esempio curando meglio l'area verde adiacente creando un aprco più attrezzato per i bambini e gli anziani, favorendo l'inssediarsi di qualche esercizio commerciale per il ristoro.
Per esempio sfruttando la vicinanza alle due stazioni del minimetrò (Case Bruciate e Fontivegge) e offrendo qualche soluzione urbanistica innovativa ed elegante. In effetti, se ci riflettiamo, l'area si sta qualificando come una dei nuclei più interessanti dal punto di vista urbanistico/architettonico per la presenza dei lavori di due grandi architetti contemporanei Aldo Rossi e Jean Nouvel.
Ma Perugia sa sfruttare appieno queste possibilità (il nostro occhio miope vede solo quelle che abbiamo elencato, ma sicuramente ve ne sono in gran numero!) o decide, come al solito, per l'incapacità a crear progetti di ampio respiro?
La nostra città si è sempre distinta per soluzioni all'avanguardia nel campo del trasporto pubblico, ad esempio.
Ma sembra che la sua dirigenza politica ed amministrativa non sia sempre all'altezza della sua dirigenza tecnica!
O ci sbagliamo?

giovedì 19 marzo 2009

Un Centro artistico nel vecchio carcere?

Utilizzato fin dai primi anni ’90 come sede di numerose sedute del processo per collusione mafiosa contro il “gobbo” - Giulio Andreotti - quando ancora non era stato ultimato per accogliere detenuti, il “Supercarcere” di Capanne ha sostituito ormai da tempo la vecchia e complessa struttura della Casa Circondariale maschile e femminile situata nei pressi di Piazza Partigiani.
Il complesso architettonico rimane tuttora vuoto e in disuso destinato ad una fantomatica "cittadella giudiziale" (almeno questo si sente in giro) e ci chiediamo come mai stenti tanto a prender forma il progetto di ridefinizione di un'area così vasta e così preziosa per la Perugia odierna.



Ce lo chiediamo ancor più notando, allibiti, l'enorme ampliamento del polo giudiziario perugino che sta occupando aree recuperate a servizio pubblico come quelle degli ex locali Enel lungo via XIV Settembre, di fronte allo sbocco della Galleria Kennedy, e alcuni piani del Palazzo delle Poste in Piazza Matteotti. Ci preoccupa il notevole incremento delle aree cittadine dedicate alla "giustizia" che sembra andar di pari passo con lo scadimento della qualità di vita nel centro storico soprattutto a livello di sicurezza dei cittadini.

Ma sembra che non se ne possa fare a meno!

Noi invece non possiamo far a meno di sottolineare come a Perugia continui a prosperare un tipo di "sviluppo" diciamo a "macchia di leopardo" dove, però, ogni macchia o lobby non pensa che a sé e alla possibilità di ingrandirsi senza tener conto di una possibile integrazione tra le energie culturali, finanziarie e politiche presenti, verso la conquista di un bene comune più vasto del proprio orizzonte.
Progetti di sinergia tra Enti locali, Università, Università per Stranieri, Polo giudiziario, Istituti bancari, Sovrintendenza ai BB.AA.AA., Associazioni imprenditoriali e del Commercio e qualsivoglia altro ente cittadino, pubblico o privato, se ci sono stati, al di là dei roboanti discorsi sotto i riflettori dei media, ci sembra che soffrano ancora di un mancato respiro determinato a "ripensare" globalmente la città per condurla verso un futuro più certo e meno provinciale.

Ma su questo argomento ci permetteremo di intervenire più dettagliatamente in un prossimo articolo.

Ci è capitato sotto gli occhi da qualche giorno l'esempio di una cittadina spagnola, Salamanca, che molto ha in comune con la nostra Perugia: è una città di antica storia; è una città universitaria(la sua Università è la più antica di Spagna); è capoluogo di provincia; vi si svolge una rilevante attività educativa soprattutto durante l'estate, che conta una grande affluenza di studenti stranieri.
Recentemente il carcere franchista di Salamanca, edificio imponente, sede di chissà quante ingiustizie e sofferenze, è stato trasformato, in un centro di arte contemporanea, il "Centro de Arte de Salamanca" - CASA o Domus Artium (DA 2). Le anguste celle dove vivevano i prigionieri del franchismo sono state conservate nel loro tetro aspetto originale, mentre a dare l'incipit alla costituzione di una collezione permanente è stata chiamata l'artista palestinese Mona Hatoum, che ha interpretato una delle pesanti porte girevoli di metallo dell'antico carcere come l'occasione di un'interazione fra il centro e i visitatori (questi passano ad uno ad uno attraverso la porta girevole, che li rinserra in un cunicolo mobile claustrofobico, mentre il ritmo regolare del movimento della porta è scandito dal friggere spettrale di alcuni pallidi neon).
In questo Centro de Arte, aperto alle più svariate esperienze di arte contemporanea, si svolgono anche attività di introduzione al linguaggio espressivo indirizzate ai bambini in età scolare che riscuotono grande successo.
Suggeriamo di prenderlo ad esempio magari andandosi a vedere ciò che vi sta accadendo cliccando sul web. Il sito è questo.

Buon lavoro!

martedì 17 marzo 2009

Un mostro tra di noi!

Che ne pensate della foto del palazzo qui accanto?
In che zona della periferia di Perugia ci troviamo?
Fontivegge? San Sisto? Madonna Alta?

No, cari signori siete veramente fuori pista!!
Ci troviamo proprio al centro storico!! E' qui dove vive e vegeta da gli anni sessanta questo bel mostro architettonico di 9 piani!!!

Forse i perugini non lo hanno ancora notato o se lo hanno fatto han pensato bene di far spallucce... , ma ci troviamo esattamente sopra la cinta muraria etrusca di via della Cupa, nei pressi dell'antica sede della Sapienza perugina oggi trasformata in ONAOSI femminile!! E' proprio in questa zona che sbocciò decenni orsono questo obbrobrio che continua a dar mostra di sé rovinando lo skyline occidentale di Perugia.

Che meraviglia architettonica, che soluzione innovative e raffinate, che esempio d'integrazione con l'ambiente e con l'urbanistica medioevale della città!

Peccato che forse a quell'epoca l'ufficio tecnico del Comune non avesse ancora acquistato quella straordinaria abilità progettistica che farà di Perugia una delle città di provincia più all'avanguardia a partire dagli anni ottanta come testimoniano i progetti delle scale mobili con annessi parcheggi satellitari alla prima periferia della città.

Qui invece l'ignoranza, lo sfruttamento commerciale, la mancanza assoluta non diciamo di sensibilità verso la storia e l'arte, ma verso il buon senso, l'hanno fatta da padroni!

Ma oggi che, grazia a Dio, abbiamo raggiunto un certo livello di progettazione architettonica non sarebbe giunta l'ora di modificarlo, manipolarlo, rivestirlo, trasformarlo o perfino di abbatterlo?

lunedì 16 marzo 2009

Il degrado di un antico quartiere: la Conca

Il quartiere della Conca è uno dei quartieri più vetusti della città e lo testimoniano i resti delle Terme romane con lo splendido mosaico pavimentale a tessere bianche e nere rinvenuto nel 1875, dove è raffigurato il mito di Orfeo.
Il quartiere, a causa della configurazione geologica del suo territorio, è rimasto ininterrottamente separato dagli altri rioni cittadini più elevati e più comunicanti tra loro e si è da sempre configurato come una sorta di piccolo paese inglobato nel 1327 all’interno della cinta di mura medioevali costruita sotto la direzione del Maitani. Si trattava per lo più di un terreno ortivo e campagnolo con poche case e molto verde del quale è rimasto un ricordo nei terreni a ridosso delle mura sotto Via del Verzaro e che sfruttava una delle caratteristiche più importanti del quartiere: la ricchezza di sorgenti d’acqua che determinò la comparsa di innumerevoli pozzi e cisterne ancor oggi presenti all’interno di tanti edifici.

Agli inizi del secolo passato, costituì uno dei più importanti polmoni economici della città che, in quegli anni, intraprendeva il suo modesto processo di industrializzazione. Fino a qualche decennio fa, in luogo dell’attuale mensa universitaria (1976), era attiva la “Valigeria Italiana”, che poi dal 1912 al 1939 si trasferì nei locali dell’ex Monastero di S. Susanna in via della Sposa e, poco più su, nei pressi dell’Università per Stranieri in via Goldoni, nacque il nucleo originario delle Industrie dolciarie Piselli che, negli anni ’60, per esigenze strutturali, si trasferirono nella zona compresa tra via Eremita, via del Cardellino e via del Pero, senza peraltro modificare di molto il paesaggio urbano.

Nei pressi dell’arco che da accesso a Via San Galigano era la sede del Mattatoio Comunale oggi trasformato in Facoltà di Giurisprudenza sulla scia dei pesanti interventi urbanistici voluti dal Rettore Giuseppe Ermini negli anni cinquanta e sessanta per far spazio all’Aula Magna di via Fabretti (del 1951), alla Casa dello studente di via Innamorati (1957), alla Facoltà di Scienze (1964) e, successivamente, a varie facoltà universitarie tra le quali Matematica, Fisica, Economia e Commercio, Scienze Politiche, Farmacia. Fu in quegli anni che venne abbattuta la trecentesca Chiesa di S. Elisabetta (1337), prima chiesa dedicata alla Santa ungherese in tutto il mondo, e venne inglobata nell’edificio universitario trasformandosi in aula.

L’intervento di Ermini fu talmente vasto e radicale da modificare definitivamente la struttura sociale e culturale del quartiere: un sempre maggior numero di studenti ha sostituito molta parte della popolazione residente, fino ad arrivare alla scomparsa quasi totale di famiglie negli attuali ultimi anni.
Ciò ha determinato un calo di interesse per la cura delle vie, delle piazzette e delle aree verdi che ci interessa qui documentare e per le quali chiediamo un urgente intervento. Importanti sono stati gli interventi comunali per la ristrutturazione delle scalette di Via Appia e per il consolidamento dell’arco di Via Pascoli, ma molto resta ancora da fare.

Nello specifico vogliamo soffermare la nostra attenzione sulla zona vicino alla chiesa/oratorio di S. Rocco e Sebastiano (conosciuta anche come S.Elisabetta) per il particolare livello di degrado raggiunto. Nei pressi di questo gioiello del barocco perugino, con splendidi affreschi e dipinti di Pietro Montanini, le aree verdi sono state da tempo trascurate ed avrebbero bisogno di un’opera di bonifica e di un radicale intervento di ristrutturazione. Proprio all’interno di un’aiuola posta di fronte alla chiesa fu rubata diversi anni or sono una statuetta della Madonna che era stata voluta dalla popolazione del quartiere anche per recuperare uno spazio verde spesso luogo di sosta di balordi di passaggio.
Da almeno cinque anni, poi, il blocco di un cantiere per la costruzione di un parcheggio sotterraneo e per la ristrutturazione di un edificio privato tra via del Cardellino e via Eremita sta fornendo ospitalità a barboni e vagabondi che potrebbero esser meglio assistiti dalle strutture comunali competenti piuttosto che esser lasciati bivaccare e dormire nei vani abbandonati del cantiere.

L’abbandono strutturale, la silenziosità della zona e la collocazione appartata, ma nello stesso tempo vicina al centro storico ha trasformato quest’area in un comodo luogo d’incontro per spaccio e consumo di droga pesante, come del resto in altre innumerevoli porzioni del centro cittadino.

Non è possibile permettere il protrarsi di una situazione simile che mina alla radice un modo di vivere decoroso e che incentiva il diffondersi di costumi di vita non tollerabili all'intera città, soprattutto nei pressi di Istituzioni culturali così prestigiose come L'Università Italiana e quella per Stranieri. Chiediamo quindi un intervento immediato da parte delle autorità competenti per sanare definitivamente la situazione.

domenica 15 marzo 2009

La desertificazione del centro storico


Assistiamo ormai da molti anni al fenomeno dell'abbandono del centro storico di Perugia trasformato sempre più in un arido deserto privo di negozi, attività commerciali e vita cittadina. Le vie ed i vicoli del centro si sono trasformati da anni o in dormitori o in fittissime scaffalature umane dove vengono inseriti semestralmente o annualmente nuovi inquilini studenti, stranieri o italiani.
Le famiglie hanno da tempo lasciato il centro per concedersi una vita più comoda ed agevole nei quartieri periferici ed hanno utilizzato i vecchi appartamenti e le antiche case che danno ancora un volto irripetibile alla nostra città per garantirsi laute entrate economiche. Molto spesso questi "quartieri", come si diceva una volta a Perugia, vengono ricavati da fondi e da magazzini trasformati in tane abitabili, pur di riuscire a far futtare
Ma tutto ciò non è avvenuto senza conseguenze.
Le nostre piazze, i nostri caratteristici vicoli, i nostri quartieri ad eccezione di poche vie come il Corso, Via Oberdan ed una parte di Via dei Priori, perdendo la loro fisionomia originale hanno lasciato avanzare il deserto dell'anonimato, del degrado culturale ed ambientale, del sospetto, dell'insicurezza dei cittadini e, come sappiamo, inciviltà, vandalismo, spaccio...
Con questo non crediamo di star dicendo niente di nuovo.
Quello che vogliamo proporre è una nuova attenzione da parte del Comune e da parte dei cittadini verso questa situazione troppo spesso considerata automatica.
Il gioco vale proprio la candela?
E' così facile e immediato concedere agibilità abitative a chiccessia, in qualunque situazione?
Non occorrerà forse alzare la guardia per tornare a vivere un equilibrio tra il sacrosanto bisogno di guadagnare da una proprietà e la tutela di un centro storico di qualità?
Comune, cittadini, associazioni commerciali e culturali, non dovranno forse riflettere sulla necessità di dare una svolta ad una situazione che è ormai stabilmente negativa e che non permette di vivere con serenità il luogo di identità storica e culturale della nostra bella città?
Se la maggior parte dei perugini non abitano più al centro non possono non sentire urgente questo problema solamente per il fatto che dimorano in altri quartieri.
Ne va di mezzo del patrimonio identificativo della nostra Perugia, ne va di mezzo dell'eredità che abbiamo ricevuto dai nostri avi e che possiamo ancora far fiorire.
In queste pagine vorremmo dare un piccolo contributo nel denunciare alcune situazioni che ci stanno a cuore e nel proporre umili soluzioni.
Aiutateci!